“Con l’attesa firma dell’accordo sul cessate il fuoco tra Israele ed Hamas, nei prossimi giorni i rivoluzionari da caffè torneranno a giocare a backgammon, a fumare il narghilé ed a scambiarsi consigli sul modo di emigrare negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna, che hanno maledetto nelle settimane appena trascorse”. A pronunciare queste sarcastiche frasi nei confronti della dirigenza di Hamas non è un giornale israeliano, ma il quotidiano saudita “Okaz”, un giornale a larga diffusione. L’articolo continua così: “Khaled Meshal, Ismail Haniyeh e Moussa Abu Marzouk riemergeranno dai loro hotel nella regione, dichiarando una vittoria divina. Competeranno con Sinwar temendo che possa rubargli la scena. Sinwar invece emergerà dal suo bunker portato a spalla dai suoi parenti che lo proteggono dalla rabbia degli abitanti di Gaza che hanno perso i loro cari, la casa e la sicurezza per la propria vita, a causa della follia del 7 ottobre. I suoi sostenitori lo porteranno sulle loro robuste spalle, dopo che la popolazione di Gaza ha trasportato 30.000 cadaveri sulle proprie fragili spalle.”
Desta scalpore che un tale attacco frontale provenga da un Paese arabo autoritario che deve fare i conti con un’opinione pubblica arrabbiata e dove il controllo su ciò che la stampa può scrivere è serrato. Sono di interesse le critiche che l’articolo ha immediatamente suscitato da parte di alcuni lettori nel mondo arabo. L’articolo è stato immediatamente etichettato da alcuni come “sionista”; altri hanno detto che: “questo articolo incoraggia Israele ad uccidere ancora più donne e bambini palestinesi”. Alla base di queste critiche c’è la classica forma mentis che ha fin qui dominato il dibattito sulla “questione palestinese” nel mondo arabo (e non solo): Israele è il nemico e quindi nulla può essere detto contro che si batte contro Israele, qualsiasi cosa faccia. L’articolo di “Okaz” fa strame di questo modo di pensare, definendo quanto accade in un’ottica per nulla ideologica ed invece molto pratica: quello che vediamo è il frutto delle azioni di un gruppo di benestanti invasati che, fregandosene totalmente del benessere del popolo di Gaza, intraprende folli azioni destinate alla sconfitta, che però verrà inevitabilmente fatta passare per una vittoria.
No, l’articolo di “Okaz” non è affatto “sionista”, non è detto che il suo estensore sia amico di Israele od abbia alcuna simpatia per Israele; il suo carattere rivoluzionario sta nel definire come un nemico chi causa danni al popolo palestinese, anche se chi lo fa è arabo, anche se chi lo fa combatte contro Israele. E’ molto, è una svolta culturale importante. Si deve inoltre notare come la critica che l’articolo porta ad Hamas non si ferma ai “metodi” usati da quest’ultima; no, quelli di Hamas non sono “compagni di lotta che sbagliano”, (come, ad esempio, alcuni definirono le Brigate Rosse a suo tempo), ma un gruppo di ipocriti invasati, arrichitisi con la lotta armata e in lotta tra loro per chi risulta più famoso, che sacrificano la popolazione palestinese in nome di una “follia”, come l’autore definisce la strage del 7 ottobre 2023.
E sulle conseguenze della “follia” del 7 ottobre l’articolo non lascia adito a dubbi: “(La firma di un cessate il fuoco) è una falsa vittoria, ma bisogna far credere che la sconfitta nel lessico della Fratellanza (Musulmana) e dell’Asse della Resistenza (NdA: Hezbollah e le altre milizie filoiraniane) è una vittoria, che la delusione è gioia, che i corpi straziati nelle strade di Gaza sono ponti verso la causa, che i finanziamenti ai dirigenti sono un diritto, che la vita è per loro e la morte è per gli altri.”. La causa di questa allucinazione distopica viene poi descritta in modo sintetico e cristallino: “Agli occhi di Haniyeh e Sinwar, tutta la Palestina con i suoi uomini, donne e bambini, non valgono uno stuzzicadenti.”. Come già detto, l’articolo del quotidiano saudita “Okaz” pone al centro dell’attuale vicenda arabo-israeliana il benessere della popolazione, la sua prospettiva storica è vista con gli occhi dolenti della madre, la necessità che lo informa è quella della riduzione del dolore. Se questo modo – molto laico – di leggere la Storia ed i suoi avvenimenti riuscirà a farsi largo nel medio-oriente allargato forse il futuro della regione potrà aprirsi ad una reale speranza di pace.
@riproduzione riservata