Man mano che l’esercito israeliano inizia a stringere il cerchio attorno alle ultime roccaforti di Hamas, quelle di Rafah e Khan Yunis, l’isteria collettiva internazionale aumenta persino tra coloro che, almeno inizialmente, hanno dichiarato di sostenere Israele e di ritenere necessario lo sradicamento di Hamas.E così gli Stati Uniti aumentano le pressioni sul governo israeliano dichiarando che l’offensiva a Rafah “è un errore”, l’Unione Europea protesta perché “la gente non può scappare” e il responsabile Esteri EU, Borrell, chiede agli Stati Uniti di sospendere la vendita di armi a Israele, con tanti ringraziamenti da parte di Hamas.Immediata la risposta del Ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz che ha incalzato come gli appelli a limitare la difesa di Israele rafforzino Hamas. Anche il governo italiano ha mutato posizione, con il Ministro degli Esteri, Antonio, Tajani, che ha criticato Israele definendo l’operazione militare “esagerata”; poco dopo è arrivata la mozione Meloni-Schlein, solitamente in disaccordo quasi su tutto, ma stavolta curiosamente in sintonia sulla necessità del cessate il fuoco.
Tali reazioni internazionali arrivano tra l’altro in concomitanza con il blitz scattato nella notte tra domenica e lunedì da parte delle forze speciali israeliane che ha portato alla liberazione di due ostaggi, sequestrati da Hamas il 7 ottobre nel kibbutz di Nir Ytzhak. Come reso noto da fonti dell’esercito, i due si trovavano al secondo piano dell’edificio, dove erano presenti anche numerosi soggetti armati di Hamas, tutti abbattuti dalle forze speciali israeliane. Un’operazione che mette in evidenza aspetti certamente poco graditi ai sostenitori di cessate il fuoco e trattative; l’offensiva militare israeliana sta dando i suoi frutti; man mano che l’esercito avanza vengono acquisite informazioni d’intelligence che permettono di stringere il cerchio attorno ai leader di Hamas e in alcuni casi anche di liberare gli ostaggi. I militari hanno poi rinvenuto un filmato proveniente dalle videocamere CCTV di Hamas all’interno di un tunnel sotto Khan Yunis dove viene ripreso il leader di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar, in fuga assieme al fratello, a una delle mogli e ai figli. Il filmato risulterebbe di pochi giorni prima e questo è un ulteriore segnale che la macchina militare israeliana è sempre più vicina all’ “architetto” del massacro del 7 ottobre.
L’impressione è che la preoccupazione a livello internazionale cresca man mano che Israele si avvicina all’obiettivo: sconfiggere Hamas e chiudere la partita con i suoi leader. Un’eventuale vittoria militare di Israele non è forse auspicata? Altrimenti non si spingerebbe per un cessate il fuoco con ritiro dell’esercito che significherebbe di fatto una vittoria di Hamas, libera così di restare a Gaza.Le accuse varie di “genocidio”, di “bombardamenti indiscriminati”, di “reazione eccessiva”, difficili da dimostrare sul piano pratico, nascondono invece un problema ben più ampio e complesso che riguarda la fine di Hamas.
Negli Stati Uniti Biden è in seria difficoltà con una vasta fetta dell’elettorato Dem, i vari “progressive” e “far-left” nonché la vasta comunità islamica, che si è rivoltata contro l’amministrazione per il suo sostegno a Israele e che si è schierata con Hamas. Del resto l’antisemitismo presente e diffuso nelle università statunitense la dicono lunga ed è anche da lì che arrivano molti dei voti. Una grossa gatta da pelare a pochi mesi da delle elezioni presidenziali che si presentano estremamente difficoltose per i Dem.In Europa, uno dei problemi che plausibilmente preoccupa i vari governi è l’estremismo islamista dilagante. Lo si è visto durante le manifestazioni in Gran Bretagna, in Francia, in Belgio ed anche in Italia dove si assiste a un “hummus” di militanza palestinese, estremismo islamista e sinistra radicale tutto in chiave antisionista e spesso anche antisemita.
Questa guerra è stata iniziata da Hamas il 7 ottobre e Israele, Stato sovrano, ha il diritto e il dovere di chiudere i conti con un’organizzazione terrorista che non solo minaccia i confini e i cittadini israeliani, ma destabilizza l’intera regione per interesse del proprio principale sponsor, il regime iraniano. Hamas è tra l’altro il primo ostacolo alla soluzione dei due Stati promossa da quegli stessi attori politici internazionali che vogliono fermare l’offensiva israeliana contro i terroristi. Hamas è un’organizzazione terrorista, esattamente come al-Qaeda o l’ISIS, con le proprie differenze strutturali, ma è di terrorismo che si tratta. Hamas non può in alcun modo essere ritenuta un interlocutore politico e va affrontata come è stato fatto con le altre organizzazioni terroriste di matrice islamista, senza nascondersi dietro a “genocidi” e “reazioni esagerate”. Serve più pragmaticità e meno ipocrisia, affinché eccidi come quello del 7 ottobre non avvengano mai più.
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