Alla fine l’esercito ecuadoregno è intervenuto pesantemente contro le narco-pandillas che questa settimana hanno messo a ferro e fuoco il Paese assaltando obiettivi istituzionali e civili come stazioni di polizia, pattuglie, ospedali, università, emittenti televisive, distributori di benzina.
Del resto il presidente ecuadoregno, Daniel Noboa, aveva annunciato in maniera chiarissima che il Paese era in guerra con il narco-terrorismo, sfidando i pandilleros: “se avete fegato, scontratevi con i militari”. Noboa ha anche lanciato un messaggio molto chiaro a magistrati ed inquirenti che collaborano con i i terroristi: “se li aiutate, sarete considerati terroristi anche voi”. Sono ben 22 le pandillas inserite nella “black list” del governo ecuadoregno; tra queste, Choneros, Los Lobos, Tiguerones e Latin Kings.
Secondo fonti della Vanguardia sono 22.400 i militari schierati per le strade a rastrellare e stanare i pandilleros, mentre gli Stati Uniti hanno fatto sapere che invieranno in Ecuador il comandante del Comando Sud, il generale Laura Richardson e funzionari dell’anti-narcotici per aiutare il governo Noboa nella lotta ai narcotrafficanti.
Nella giornata dell’11 gennaio l’esercito ha reso noto di aver arrestato il leader della pandilla dei Tiguerones, noto come “Chiquito”, mentre continua la caccia all’uomo per scovare “Fito”, il leader dei Choneros, fuggito dal carcere regionale di Guayaquil.
Il corpifuoco notturno scatta dalle 23 alle 5 della mattina, ma anche di giorno nelle metropoli ecuadoregne si è ben lontani dalla normale vivace attività tipica del Paese latinoamericano, con mezzi militari ovunque e soldati che perquisiscono le persone in cerca di armi o tatuaggi incriminanti legati alle pandillas.
Un abitante di Guayaquil contattato da Vocenews ha spiegato: “Fuori si respira un’aria surreale, si vedono solo mezzi militari che vanno pianissimo e puntano le poche persone in giro per cercare quelli delle bande. Molte persone però sono contente perché prima c’era tanta paura”.
E ancora: “Prima la polizia aveva paura di sparare contro i narcos perché li arrestavano. Adesso invece la situazione è cambiata con lo stato di eccezione”.
L’esercito è intervenuto in maniera pesante, consapevole del fatto che contro le narco-pandillas le mezze misure non funzionano e in effetti alcuni canali latinoamericani stanno mostrando immagini forti di pandilleros arrestati dai militari, presi a calci, fatti cantare e recitare filastrocche, come ad esempio quanto mostrato dal canale Imagen Noticias.
E’ plausibile che Noboa abbia intenzione di seguire i passi del presidente salvadoregno Nayyib Bukele che ha effettivamente inflitto colpi pesantissimi alle Maras al punto che oggi El Salvador, prima considerato uno dei Paesi più pericolosi al mondo, è tornato a respirare aria di normalità. Chissà che la “ricetta Bukele” non dia risultati anche in Ecuador? Di sicuro ci vorrà tempo in quanto questi gruppi sono radicati e le istituzioni ecuadoregne non risultano particolarmente solide allo stato attuale.
Intanto sono emersi elementi che indicano come armi ed esplosivi utilizzati dai narco-terroristi sarebbero di fabbricazione peruviana, ipotesi confermata anche dal Ministero della Difesa peruviana che ha parlato di traffico di armi ovviamente perpetrato da criminali ed ha reso noto che verrà aperta un’inchiesta.
E’ inoltre emerso che molti degli integranti delle pandillas arrestati dall’esercito sono di nazionalità peruviana, venezuelana e colombiana e le autorità ecuadoregne si stanno preparando per attuare deportazioni di massa nei Paesi d’origine.
Un aspetto di particolare interesse che vale la pena evidenziare è come queste pandillas si siano rapidamente evolute da bande di strada operanti come “trasportistas” per le grandi narco-organizzazioni internazionali, a narco-terroristi.
Del resto hanno chiaramente mostrato la volontà di destabilizzare e paralizzare il Paese, seminare il terrore tra la popolazione e obbligare il governo a trattare. Un modus operandi più caratteristico di organizzazioni terroriste che di semplici gruppi criminali in quanto i fini, oltre che economici, sono anche politici. E’ però altrettanto vero che in America Latina i confini tra i due fenomeni sono spesso molto sottili.
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