Sono giunti qui i rappresentanti di tutte le comunità e gli enti ebraici in Italia per esprimere assieme il dolore lancinante di quel giorno iniziato all’alba e mai tramontato, e il cordoglio per le vittime. Per condividere timore ed ansia per il futuro che accompagnano questi durissimi mesi. Futuro incerto per un’intera regione di cui seguiamo ora per ora, per ogni palmo di terra gli sviluppi, dai diversi fronti. Futuro incerto per l’Europa e l’Italia in cui viviamo immersi in un faticoso confronto quotidiano, con un crescente antisemitismo multiforme, portando sulle spalle quello di secoli e secoli.
Lo shock è sintetizzabile nel pensiero-immagine, scatto di secondo: vedo una famiglia immersa nel quotidiano spazio e la sostituisco con quelle massacrate il 7 ottobre di cui vi abbiamo risparmiato per pudore e rispetto le immagini. (Vedo una ragazza spensierata e la sostituisco con quella del 7 ottobre al Nova. Vedo un anziano che si prodiga ad accudire nipote e lo sostituisco con quello del 7 ottobre e così per mille altri scatti).
Ricordiamo nelle preghiere solenni di questi giorni la creazione del mondo (da 5785 anni di calendario ebraico) e quella dell’uomo immagine di D-O. Nulla di umano avevano quei terroristi Nakhba.
La ferita è quella di un intero popolo che ha sempre desiderato ispirare il proprio agire a quell’imperativo di vita che ci ha trasmesso per millenni la nostra fede. L’inno di Israele “Hatikva” ci ricorda la speranza di vivere come popolo libero nel proprio Stato (Lihyot Am Hofshi Bearzenu). La speranza qui, parimenti, di essere un popolo che vive accanto agli altri – ciascuno con la sua fede – in Israele e qui nelle nostre Comunità. Vivi e vitali come oggi anche se feriti.
A chi ci ascolta oggi la preghiera delle Comunità ebraiche che siate lucidi e capaci di concorrere – con noi – a proteggere la cultura delle libertà sancita nella costituzione e nella carta europea, tradite nei presidi internazionali del dopoguerra, abusate da chi desidera destabilizzare lo stato di diritto. Il nostro omaggio di gratitudine a chi è rimasto coerente e vigile, a chi protegge verità con parole e vite con il proprio corpo.
La preghiera per noi è di avere la forza di ricostruire quanto distrutto nei villaggi e nelle case e poter curare le ferite del corpo e dell’anima. Poter sostituire a quelle immagini del 7 ottobre quelle di una danza spensierata di giovani, di un letto caldo e sicuro per i nostri piccini e anziani, di un orto che di nuovo promette frutti. Speranza che siano liberati tutti i 101 ostaggi, che si ripristini la sicurezza e si rafforzi la fiducia nell’altro. Sarebbe già questa una Pace.